lunedì 3 settembre 2018

La linea di divisione tra progresso e reazione

L’articolo del 30 agosto di Federico Fubini sul Corriere della Sera ("Strasburgo e il voto 2019"), pur con le migliori intenzioni europeiste, mostra una scarsa conoscenza del pensiero di Altiero Spinelli, più volte citato per asserire che “non sarà forse la politica che sognava Altiero Spinelli quando concepì l’idea di un parlamento europeo eletto dal popolo. Non si vede all’orizzonte un fronte europeista e conservatore opposto a un altro fronte, europeista ma progressista”, ribadendo con decisione che “non è la politica che sognava Spinelli, no”.
Orbene, si dà invece il caso che proprio lo scenario odierno, ben sintetizzato da Fubini, sia precisamente quello che Spinelli già nel confino di Ventotene vedeva con chiarezza.
Il punto centrale del “Manifesto per un’Europa libera e  unita” (1941!), recita: “La linea di divisione fra i partiti progressisti e partiti reazionari cade perciò ormai, non lungo la linea formale della maggiore o minore democrazia, del maggiore o minore socialismo da istituire, ma lungo la sostanziale nuovissima linea che separa coloro che concepiscono, come campo centrale della lotta quello antico, cioè la conquista e le forme del potere politico nazionale, e che faranno, sia pure involontariamente il gioco delle forze reazionarie,(...), e quelli che vedranno come compito centrale la creazione di un solido stato internazionale, che indirizzeranno verso questo scopo le forze popolari e, anche conquistato il potere nazionale, lo adopereranno in primissima linea come strumento per realizzare l'unità internazionale.” In sostanza, i tradizionali criteri per definire una “destra” e una “sinistra” sono ormai superati, perché la vera lotta tra progresso e reazione è quella tra federalisti e nazionalisti.
Già 77 anni fa Spinelli vedeva quello che solo ora sta divenendo chiaro anche a chi non era altrettanto lungimirante. Quando Fubini dice: “Si delinea invece un unico campo più o meno europeista dal centrodestra al centrosinistra passando per verdi e parte dei liberali, una sorta di fronte repubblicano europeo. Contrapposto a quello sta prendendo forma una seconda cordata, sfrangiata, piena di profili diversi ma tenuti insieme da un’idea: preferiscono che la propria nazione sia protetta dal resto del mondo, a un’Europa senza frontiere”, sembra citare, parafrasandolo e attualizzandolo, proprio il punto-chiave del Manifesto di Ventotene. 



(Lettera aperta al "Corriere della Sera")

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