domenica 20 gennaio 2013

Mali: i tuareg sono nostri nemici?

[Lettera aperta al Corriere della Sera 19 gennaio 2013]

A quanto sembra, tutti i paesi dell'Unione Europea, Italia inclusa, plaudono all'iniziativa francese e fremono dalla voglia di gettarsi anch'essi nella guerra in corso in Mali.
Il piccolo dettaglio su cui ben pochi sembrano soffermarsi ("Corriere" incluso) è quello di definire chi si intende combattere e per chi ci si batte.
Non è un dettaglio da poco: identificare chiaramente nemici e alleati è il minimo che ci si aspetta quando si sta per entrare in guerra.

A sentire le dichiarazioni delle autorità francesi, sembra che lo scopo sia quello di ripristinare l'integrità territoriale del Mali, evidentemente combattendo tutte le forze che fin qui hanno costretto le forze armate maliane ad abbandonare il nord del paese (Azawad): sia i terroristi islamici (Aqmi, Mujao e Ansar Dine) sia i nazionalisti laici azawadiani (MNLA).
Se davvero la scelta di campo è questa (alleati col governo del Mali, avversari di tutti gli altri, indistintamente), le conseguenze rischiano di essere gravissime. Ciò vorrebbe dire combattere non solo il terrorismo di matrice islamica e delinquenziale (narcotraffico), ma anche l'intera popolazione dell'Azawad.

Mezzo secolo fa la Francia ha commesso un grave errore creando uno stato insostenibile, in cui la metà più ricca e popolosa nutriva e nutre tuttora un odio razziale viscerale nei confronti della popolazione dell'altra metà, composta da nomadi allevatori, perlopiù (ma non solo) tuareg. E per oltre 50 anni si è assistito a persecuzioni di ogni tipo e veri e propri massacri, che avvenivano nel deserto e raramente giungevano a conoscenza del resto del mondo, ma che sono stati pesanti e continuati, ed hanno dato luogo a diverse ribellioni, tutte nate dal desiderio di far cessare questo stato di cose. Gioverà ricordare che il Mali è tristemente noto per le attività del Ganda Koye, una sorta di Ku Klux Klan alla rovescia, con milizie irregolari che attaccano ed uccidono gli odiati nemici dalla pelle chiara, spesso con la tacita benevolenza di esercito e autorità. In questi mesi quasi tutti i tuareg e gli appartenenti alle etnie del nord residenti, anche da anni, a Bamako e nei centri del sud sono dovuti scappare per sfuggire ai linciaggi della popolazione che esprime con la violenza tutto il proprio odio per questi "concittadini" di serie B.

È palpabile in questi giorni tra le popolazioni dell'Azawad il timore che se, con l'aiuto della Francia, l'esercito maliano dovesse ritornare al nord, scatterebbe un'ondata di massacri indiscriminati, di cui alcune avvisaglie già si segnalano con uccisioni e violenze ai danni di pacifici allevatori in regioni di confine (per esempio oggi due tuareg, zio e nipote, estranei alla ribellione, sono stati uccisi a Fatoma, nei pressi di Sevaré).

Lo stato maliano è oggi una finzione giuridica. Dopo un paio di colpi di stato militari nel giro di pochi mesi non si capisce nemmeno chi comanda. E il governo precedente a questi fatti era notoriamente corrotto e connivente con i narcotrafficanti che, all'ombra di sigle jihadiste, si sono saldamente impiantati nel deserto da anni: la rivolta tuareg non ha fatto che incidere un bubbone da troppo tempo ignorato. Insistere per volere ad ogni costo restituire allo stato del Mali la propria "integrità" non ha altro significato che quello di ostinarsi a non rimettere in discussione i confini tracciati a tavolino dalla potenza coloniale mezzo secolo fa.

Sul fronte degli "avversari", nonostante la voluta confusione che tanti fanno tra le sigle, è evidente che a differenza degli islamisti, il MNLA (Movimento Nazionale di Liberazione dell'Azawad) non costituisce per il Mali una vera minaccia. Il movimento, di ispirazione laica e democratica, rappresenta le istanze della maggior parte della popolazione dell'Azawad, ed è al pari di quest'ultima ostile al terrorismo islamista: se si vanno a rivedere i documenti del movimento nei mesi che precedettero la decisione di passare alla rivolta armata, balza all'occhio come già allora la principale richiesta -negata dalle autorità di Bamako- era proprio quella di liberare il territorio dalle bande di narcotrafficanti/jihadisti. Solo l'ignoranza o la malafede possono accomunare il MNLA ai terroristi; e sarebbe insensato andare a combattere anche questa organizzazione per il solo gusto di non ammettere un errore fatto da De Gaulle.

Anche se sul piano militare il MNLA ha perso molto del potenziale che aveva agli inizi, sarebbe stolto rinunciare all'aiuto che esso potrebbe dare ad una coalizione che si proponesse di liberare l'Azawad dal terrorismo. Perfetti conoscitori dei luoghi e ben determinati a liberare il loro territorio, se solo i combattenti del MNLA ricevessero adeguato sostegno in armi e finanziamenti, potrebbero essere risolutivi per sgombrare interamente il territorio da questi avversari che per ora prevalgono grazie alle enormi risorse fornite dal narcotraffico e da diversi paesi che hanno interesse ad esportare l'islam salafita nel mondo ad ogni prezzo.

Lasciare i tuareg fuori dalla partita, combatterli, permettere all'esercito maliano e al Ganda Koye di rientrare e spadroneggiare nei loro territori avrebbe la sola conseguenza di spingere anch'essi ad una lotta senza tregua, ad un'alleanza di fatto coi terroristi col rischio concreto di trasformare il Sahara in un nuovo Afghanistan per chissà quanto tempo ancora. L'Europa non si può permettere il perpetuarsi di un'area di forte instabilità a così poca distanza dalle proprie coste, ed ha tutto l'interesse perché questo scenario non si realizzi. Per questo è importante trovare un modo di includere il MNLA tra i propri alleati e non tra gli avversari. Un compromesso accettabile potrebbe forse essere barattare l’indipendenza immediata con un referendum sull’autodeterminazione a guerra finita. Abbiamo già fatto soffrire troppo i tuareg con il nostro oblio e disinteresse: manca solo che andiamo anche a combatterli.




5 commenti:

  1. Sto cercando di farmi un'idea sulla situazione e trovo molto interessante il suo blog.

    Ho letto negli ultimi gg (Le Monde) che un battaglione di 500 Touareg che aveva "ripiegato" nel Niger dopo essersi scontrato con i jihadisti si troverebbe a Niamey confinato e senza armi ma sia pronto a riprendere le armi contro AQIM (il loro comandante sarebbe sopravvissuto recentemente ad un attentato).
    Ignoro l'atteggiamento della Francia nei loro cfr. ma non mi risulta che sia "ostile".
    Sempre su Le Monde on line ho letto che il "Governo provvisorio dell'MLNA" si troverebbe a Ouaga dove avrebbe la protezione del Burkina e, suppongo, dei francesi. Questo contrasterebbe con quanto da Lei affermato? Mi piacerebbe saperne di più.

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  2. Sulla effettiva situazione militare del MNLA non ho notizie precise e non oso avanzare ipotesi. È possibile che delle forze siamo passate in Niger, dove i tuareg hanno molti alleati e potrebbero aver trovato riparo, ma in assenza di fonti verificabili non so cosa dire. A detta del MNLA le loro truppe sarebbero ancora numerose e battagliere, salvo il fatto di essere a corto di armi, mezzi e munizioni, e dislocate in luoghi che non vengono rivelati.
    La versione ufficiale che i portavoce del MNLA hanno fornito tutte le volte che hanno abbandonato un centro abitato davanti ad attacchi degli islamisti è che non intendevano portare i combattimenti tra la popolazione civile, e quindi si ritiravano non per sconfitta militare ma per scelta "umanitaria". Può darsi che ci sia del vero.
    Mi sembra comunque di capire che il MNLA si aspetti un appoggio dalla comunità internazionale non solo o non tanto in termini di accettazione dell' "indipendenza" quanto anche in termini di supporto materiale per poter far fronte ai terroristi. E adesso che la Francia ha rotto gli indugi ed ha fatto partire la guerra, credo che si dovrà decidere: includere esplicitamente il MNLA (e, in generale, tutta la popolazione dell'Azawad) tra i propri nemici oppure appoggiarsi ad essi per combattere efficacemente i jihadisti? Al momento mi sembra di capire che l'esercito maliano stia fornendo prova di essere un disastro, e spero che i francesi si rendano conto che forse non è proprio l'alleato ideale... Nutro la speranza che siano in corso trattative dietro le quinte. Se non dovessero andare in porto, la vedo davvero brutta. A questo punto la sola soluzione per “pacificare” la regione sarebbe lo sterminio dei tuareg; altrimenti avere anch'essi tra i propri nemici porterebbe davvero ad una situazione di tipo afghano.

    Quanto al "governo provvisorio", so che dopo il ritiro da Gao, con Bilal Ag Acherif ferito, avevano effettivamente trovato riparo a Ouaga, e dal MNLA sentivo sempre tessere gli elogi della saggezza politica del presidente del Burkina (persona che peraltro, mi sembra di capire, non ha alle spalle una storia adamantina...). Adesso hanno tenuto un congresso a Tin Zawaten, che credo sia uno dei pochi capisaldi che ancora mantengono nell'Azawad, e gli ultimi documenti li hanno "firmati" da lì. Non so se considerino quella la loro nuova sede. Certo, “girano” molto. Non c'è da stupirsene troppo, viste le loro tradizioni nomadi ;-)

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  3. Speriamo che le "trattative dietro le quinte" abbiano buon esito...
    Anche se mi domando come si possano "instaurare trattative" con un movimento che si autodefinisce "Al Qaeda nel Maghreb".
    Se con loro non sono riusciti a "scendere a patti" i touareg, figuriamoci i francesi o i nigerini.
    Lo avrebbero potuto fare gli algerini, ma dopo i fatti recenti lo dubito.

    D'altra parte il discorso del 10 dicembre a N.Y. di Prodi anticipava questi fatti nella parte in cui ricordava che per essere credibili come interlocutori bisognava anche "preparare l'opzione militare" (si vis pacem...). Peccato che le cose poi siano precipitate proprio mentre lui era proprio a Bamako.
    Aspettiamo i risultati del suo viaggio in Cina.

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  4. Mi devo essere spiegato male. Io parlavo di trattative tra la Francia e il MNLA, non certo di trattative con i qaedisti...

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  5. E' vero, con Al Qaeda non si tratta.
    Ma per fortuna c'è qualcuno che coraggiosamente le si oppone.
    Segnalo la bella corrispondenza di Domenico Quirico apparsa oggi su La Stampa: intervista al vecchio e coraggioso imam di Diabaly che ripete tre volte la preghiera in bambara sotto la minaccia dei mitragliatori dei jihadisti.

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