lunedì 18 novembre 2019

L'Algeria: dimenticata o censurata?

L’articolo di Ian Bremmer "La rabbia contro i governi unisce il mondo intero" (Corriere della Sera 10 novembre 2019) passa in rassegna una lunga lista di paesi in cui un forte dissenso della popolazione viene espresso (perlopiù) pacificamente con manifestazioni di protesta che scuotono i governi in carica e presentano alla ribalta internazionale i problemi più sentiti, di ordine non solo economico ma anche di crescente mancanza di consenso dei governi in carica.
Si parla di Egitto, Libano, Iraq, Ecuador, Cile, Francia, Spagna e Hong Kong. Va bene spingere lo sguardo fino alle Americhe od all’estremo oriente, ma stupisce che non una parola venga detta riguardo all'Algeria, paese a un tiro di schioppo dall’Italia e in cui da febbraio sono in corso continue e  imponenti manifestazioni che hanno imposto il ritiro dell’ennesima candidature di Bouteflika e l’annullamento dell'elezione del nuovo presidente della repubblica. Nonostante le minacce del potere, gli arresti di militanti e i tentativi di intimidazione o di rabbonimento del movimento (la politica del bastone e della carota), la protesta si mantiene pacifica ma decisa a non mollare. Un nuovo turno di elezioni, con candidature di personaggi dell'establishment verrà probabilmente boicottato. La gente vuole un vero cambiamento. Una situazione per molti versi interessante: per la prima volta l'opposizione al regime non sembra condotta da partiti islamisti ma dalla società civile.

Ma il Corriere la ignora o ne dà notizie col contagocce. Effetto di banale distrazione o timore di inimicarsi un potere che ci fornisce gas e idrocarburi in cambio del nostro silenzio?

(Lettera al Corriere, non pubblicata, 11/11/2019)

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